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martedì 30 dicembre 2014

Un anno di libri

A Natale siamo tutti più buoni. Evviva.
Io invece, oltre che più buona, voglio essere più sincera: in questa settimana, alla faccia del tempo libero delle feste e del periodo di relax, non ho letto neanche una pagina. Forse neanche una riga, per rimanere fedeli alla questione della sincerità.
Ho trascorso le mie ore spiaggiata sul divano, guardando un film dopo l'altro (sia maledetto il nuovo decoder mySky XD) o scorrendo il feed di Facebook presa dall'improvvisa necessità di farmi gli affari altrui (a volte sono una stalker, lo ammetto).
Domenica sera, mentre sceglievo l'ennesimo film da vedere, mi si è manifestata la triste verità. Era domenica, e non avevo ancora letto niente. Pur nel remoto caso di trovare in casa un libro non ancora letto (ma a Natale non si regalano più i libri?), era improbabile che riuscissi a finirlo nel corso della notte. Ormai rassegnata ho premuto play, e il film è iniziato.
Prima di dormire, però, ho iniziato ad arrovellarmi. Mi giravo e rigiravo tra le lenzuola in preda ai sensi di colpa. E poi la seconda lampadina.
Questo è l'ultimo post del 2014, e nonostante questo blog sia chiaramente troppo giovane per tirare le somme o mettersi a fare propositi per l'anno nuovo, il momento mi sembra più che adatto per stilare una lista di consigli di lettura. L'idea iniziale era quella di scrivere un post ispirato alla miriade di articoli che imperversano in rete in questi giorni, del tipo "le canzoni più ascoltate", "le serie più scaricate".... Ma il mio già menzionato attacco di sincerità mi costringe di ammettere che non sono assolutamente in grado di ricordare quali libri io abbia letto quest'anno (prima di quelli menzionati qui, ovvio XD), ragion per cui il mio ultimo post dell'anno conterrà consigli più generici.

Mi capita piuttosto spesso che i miei amici mi chiedano consiglio su che libri comprare o regalare. La domanda mi lancia sempre nel panico, perchè ci sono una serie di dettagli da valutare e di variabili potenzialmente impazziteda considerare. La mia recente esperienza mi conferma comunque che sarebbe preferibile evitare di regalare libri che non abbiamo mai letto, perchè in quel caso le variabili aumenteranno la probabilità di impazzire!
Ma veniamo a noi. Non so ancora che metodo seguire, ma preferirei evitare di fare un semplice elenco, quindi cercherò di rendere i miei consigli il più discorsivi possibile.

Parto dai libri della mia infanzia, per entrare nel mood. Il Signore degli Anelli, che ho iniziato a dieci anni e non ho più abbandonato. Se non lo avete mai letto, trovate l'occasione (e il tempo) per farlo. Con la consapevolezza che al fantasy, e soprattutto a questo monumento del fantasy, ci si deve accostare con la mente aperta di un bambino di dieci anni, lasciandosi trasportare nella Terra di Mezzo. L'altro libro dell'infanzia (e come potrebbe essere altrimenti?) è la saga di Harry Potter. Sono tra quei tanti fortunati che hanno avuto l'opportunità di crescere insieme ai protagonisti dei romanzi della Rowling, quindi non so che impressione si possa avere leggendoli tutti insieme. Quel che è certo è che per me le avventure di Harry, Ron e Hermione sono una parte di infanzia, e non potevano non essere menzionati in questo post.

Facendo un salto in avanti nel tempo, arriviamo ai libri di un autore che mi ha colpito così tanto da rendermi estremamente ripetitiva. Non c'è persona che mi abbia chiesto aiuto al quale io non abbia parlato de Le lacrime di Nietzsche di Irvin Yalom. E visto che ne ho già parlato abbastanza, non mi dilungherò in ulteriori descrizioni. Yalom, però, è autore di altri romanzi altrettanto interessanti. Consiglio La cura Schopenhauer in particolare agli appassionati di psicanalisi, mentre Il problema Spinoza è un romanzo straordinario, tutto da scoprire.

Il 2014 è stato anche l'anno di Alice Munro. Sono arrivata in ritardo, perchè la Munro ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 2013, ma poco male. C'è tutto il tempo di recuperare. La scrittrice canadese è autrice soprattutto di raccolte di racconti, ma la prima cosa che ho letto è stata il suo romanzo Chi ti credi di essere?. Da lì, il passo fino all'acquisto della raccolta di racconti Troppa felicità è stato breve. Lo dico apertamente: non sono una grande amante dei racconti. O forse il mio amore era soltanto in letargo, pronto ad essere risvegliato dalla penna di un'artista straordinaria come la Munro.

Leggendo i racconti della Munro, non saprei spiegare bene il perchè, mi tornava in mente un altro autore, scoperto l'anno precedente, le cui pagine mi avevan affascinata: Geoffrey Eugenides. Avete presente i libri che si iniziano a leggere con qualche perplessità, ma dai quali poi non ci si riesce a staccare? La trama del matrimonio è un po' così, nonostante la sua lunghezza l'ho letto tutto d'un fiato, e prima che me ne rendessi conto ero tornata in libreria e stavo comprando un altro libro di Eugenides, Middlesex. Middlsex è una storia incredibile, un po' saga familiare un po' romanzo di formazione che fa ridere, piangere e alla fine lascia stupefatti.

Ho già parlato anche di questo, ma devo ripetermi ancora una volta e dire che la scoperta dell'estate per me è stata Diario di un corpo di Pennac. Non c'era pagina che voltassi senza ripetermi "che bell'idea, proprio una bella idea". Quindi non vi dico altro, per non rovinarvi l'eventuale sorpresa.

Capitolo autori italiani. La scoperta di Elena Ferrante è stato un momento importante dell'anno, anche se essendo ferma al primo capitolo della saga probabilmente non posso esprimere un giudizio definitivo. Comunque non vedo l'ora di comprare i prossimi volumi, quindi ne sentirete parlare presto! Quanto ad altri italiani, quest'estate ho letto Le luci nelle case degli altri di Chiara Gamberale. Anche in questo caso, l'idea era molto carina e il libro mi è piaciuto, anche se in alcuni rari casi avrei cambiato qualcosa. Di certo comprerò gli altri libri della Gamberale, nonostante abbia recentemente scritto un'opera a quattro mani con Massimo Gramellini, dalla quale mi terrò debitamente alla larga (e vi prego, evitate i libri di Gramellini!).

Mi sono già dilungata troppo quindi cerco di essere più breve. Se vi piace la letteratura americana o volete leggere un bel libro proveniente dall'altra parte del mondo, ho un paio di proposte. Philip Roth,che qualche anno fa è stato premio Pulitzer per Pastorale Americana e che con cadenza quasi annuale sforna un romanzo degno di nota. Oppure Paul Auster, se siete amanti di New York e vi interessano le sperimentazioni letterarie non potete perdervi la sua Trilogia di New York.

Capitolo classici, e tra un po' smetto. Non so perchè pensando ai classici in questa mattina di gelo mi sono venute in mente due cose, comunque le condivido.
Se vi sentite vendicativi e avete un po' di tempo a disposizione, invece di mangiarvi le mani e rimuginare cercate in casa una copia del Conte di Montecristo e fatevi venire qualche buona idea con una delle storie di vendetta e avventura più famose della storia. Se invece siete in mood filosofico e volete riflettere sull'umanità chiedete a Milan Kundera (a scelta tra L'insostenibile leggerezza dell'essere, Lo scherzo e Il valzer degli addii) e sarete accontentati.

Chiudo con una certezza che mi guida nei rari momenti in cui non so cosa comprare. E quindi vi parlo non di un autore, nè di un libro in particolare, ma di una casa editrice: la Neri Pozza.
Neri Pozza pubblica i più bei romanzi storici e le più appassionanti storie al femminile che io abbia mai letto. E quando dico storie al femminile non penso a pizzi, merletti e sospiri d'amore. Tutt'altro. Le donne di Neri Pozza sono pioniere della scienza come in Strane Creature di Tracy Chevalier o grandi artiste come in La passione di Artemisia di Susan Vreeland.

Potrei proseguire, ma forse è il caso di fermarsi qui, per evitare che questo post diventi un libro a sè. Quindi non mi resta che augurare a tutti buon anno, e darvi appuntamento alla prossima settimana!

venerdì 26 dicembre 2014

Struffoli

Scrivere questo post con la pancia strapiena non è per niente facile. Ma si sa, le feste sono così e poi sono io che ho deciso di non far andare in vacanza il blog :)
E d'altronde, quale migliore occasione per tirare fuori dal cilindro un'altra ricetta di casa?
Gli struffoli sono un must sulla tavola delle feste di tutta la Campania, ragion per cui ogni famiglia custodisce gelosamente la sua versione, ognuna leggermente diversa dall'altra.
Nel mio ricordo, gli struffoli sono legati ai crampi allo stomaco. Ogni anno, senza eccezione, dopo aver spazzolato il primo piattino, me ne servo un secondo. Con la consapevolezza che starò male, perché ho già mangiato a sufficienza. E ogni anno divoro anche il secondo piattino. E i crampi ritornano, puntualissimi, poco prima della mezzanotte.
Ancora rido al pensiero della volta in cui mia madre aveva sistemato in camera mia gli struffoli appena fatti e pronti per essere portati alla cena di Natale. Non aveva evidentemente calcolato che in quella stanza c'ero anch'io che, tra una chiacchiera e l'altra con l'amica del cuore, ne ho fatti fuori la metà, rendendoli peraltro assolutamente impresentabili per la suddetta cena.
La ricetta che condivido oggi è il frutto di numerose sperimentazioni e, come si sarà capito dalle righe precedenti, di numerosi e dolorosi assaggi.
Fidatevi, ne varrà la pena.


Ingredienti
Per la pasta
500 gr di farina
4 uova
60 gr di burro
50 gr di zucchero
scorza di un limone grattugiata
scorza di un'arancia grattugiata
1 bicchierino di liquore Strega
1 bicchierino di anice
1 pizzico di bicarbonato
1 pizzico di sale
1 bustina di vanillina
olio per friggere

Per la glassatura
500 gr miele
codette e corallini colorati
granella di nocciole o altra frutta secca (a piacere)

Preparazione
Disporre la farina a fontana e mettere al centro le uova e tutti gli altri ingredienti per la pasta. Impastare il tutto fino ad ottenere un panetto liscio e abbastanza morbido (ma come al solito non troppo). Staccare dei pezzi di pasta con le mani, formare dei bastoncini sottili e tagliarli in tocchetti della lunghezza di circa mezzo centimetro.
Friggere gli struffoli in abbondante olio caldo, pochi alla volta, finché non sono dorati. Scolarli con un mestolo forato e disporli su carta assorbente.
Nel frattempo, preparare la glassa mettendo a scaldare il miele in un ampio tegame. Aggiungere gli struffoli continuando a mescolare. Spegnere il fuoco, versare gli struffoli in un piatto da portata e cospargerli con le codette e la granella di frutta secca.


mercoledì 24 dicembre 2014

Casino Totale - Jean-Claude Izzo

Lo so, sono in ritardo. Ammetto anche di aver pensato di andare in ferie finchè non sarà passao il Natale. Ma so che c'è qualcuno che ci resta male se il lunedì non trova il libro della settimana e quindi non posso esimermi, anche se in ritardo, dallo scrivere questo post. Tanto più che sono in treno e, a parte ronfare a bocca aperta tra gli sguardi di disapprovazione dei miei compagni di viaggio, non riesco a pensare a un'attività migliore.

Veniamo al libro. Raramente un titolo è stato così azzeccato, così assolutamente adatto ad un periodo della mia vita. Il libro di oggi si intitola Casino Totale, di Jean-Claude Izzo. Come quello del post precedente, anche questo è il frutto della mia razzia alla fiera della media e piccola editoria di Roma. Lo sottolineo perchè Casino Totale è un libro che in condizioni normali, cioè in una delle mie spedizioni in libreria, non avrei mai comprato. Non amo i thriller, i noir e i polizieschi. L'unico testo di questo genere che mi abbia davvero appassionata è Uomini che odiano le donne. Quando devo scegliere un libro, quindi, passo sempre oltre lo scaffale dei gialli e dei thriller.
E invece a Roma, ferma allo stand della E/O, la casa editrice di Elena Ferrante e de L'eleganza del riccio, mi sono fatta covincere ad acquistare un noir. Come per Uomini che odiano le donne, si tratta del primo volume di una trilogia. E come Stieg Larsson, anche Jean-Claude Izzo è scomparso improvvisamente, soli 55 anni. Le coincidenze insomma, anche se un po' macabre, c'erano tutte. Non mi restava che mettermi a leggere.

Sarà una deformazione "professionale" (lo metto tra virgolette, perchè magari lo fosse davvero!) dovuta alle mie ultime esperienze, ma la prima cosa che mi ha positivamente colpita in questo libro è il geniale cambio di narratore che avviene dopo i primi due capitoli. Ecco, probabilmente nessuno di voi si è mai interrogato su che tipo di narratore stia raccontando il romanzo che legge. A dire tutta la verità, fino a poco tempo fa non l'avevo mai fatto nemmeno io. Se vi va di iniziare, è un esperimento molto divertente. Pensate all'ultimo libro che avete letto o a quello che state leggendo: il narratore è esterno o interno? È onnisciente? Cambia di capitolo in capitolo, e perchè? Secondo me è una riflessione che dice molto anche sullo stile e la tecnica narrativa. Ok, basta con le cose noiose...
O forse no! L'altra deformazione "professionale"che ho sviluppato in questo periodo, infatti, mi impediva di ignorare una particolarità dello stile di Izzo che a volte mi risultava fastidiosa. La paratassi. Tanta. Tantissima. Frasi minime. Spezzate. Forse troppe. Ho reso l'idea? A volte la tecnica rende bene, aumenta la tensione, tiene incollati alle pagine. Altre volte fa venir voglia di prendere la penna e mettere insieme due frasi che non avrebbero motivo di essere separate.

Quanto alla trama, una storia di amicizia e vendetta ambientata a Marsiglia, a tratti mi ha intrigata, mentre in più di un'occasione ho avuto difficoltà a seguire le intricate vicende della malavita marsigliese. Ma questa seconda impressione dev'essere legata al mio scarso amore per il thriller più che ad un'incapacità dell'autore.
Il mio consiglio? Se siete amanti del genere probabilmente vi piacerà. Per quanto mi riguarda non posso dire che la lettura mi sia dispiaciuta, ma non credo che comprerò gli altri libri della trilogia.
Tra me e il thriller non corre ancora buon sangue :)

Buona vigilia a tutti!

venerdì 19 dicembre 2014

Le Zeppole di Mamma

Una blogger senza forno, puntata seconda.
Dopo arrovellamenti vari del genere "non posso cucinare un altra roba da frigo il 19 Dicembre", mi si è accesa la lampadina. Friggere. Si può friggere.
Come abbia potuto non pensarci prima resta un mistero, visto che da anni sento mia nonna risolvere ogni questione sul cibo avanzato in frigo con un perentorio: "Friggilo".
Ma una volta scelto il leggerissimo metodo di cottura, restava da decidere cosa friggere. E a cosa affidarsi, in questi momenti di indecisione, se non alle vecchie care e collaudatissime ricette di famiglia (date un'occhiata qui anche la settimana prossima, non anticipo altro)?
Quella che condivido oggi è la ricetta delle zeppole di mia madre, una vera e propria leggenda per tutti coloro che hanno avuto l'opportunità di assaggiarle almeno una volta. Sono in assoluto il dolce più richiesto ogni volta che siamo invitati da qualche parte o che abbiamo ospiti, e ogni singola volta spariscono in un nanosecondo, con tanto di commensali che si leccano le dita per non sprecare lo zucchero di copertura.

Ingredienti (per circa 20-24 zeppole)
500 gr di farina
200 ml latte
1 cubetto di lievito di birra
3 uova
1 cucchiaio di zucchero
5 pizzichi di sale
100 gr di burro morbido
1 bustina di vanillina
zucchero per la copertura


Preparazione
Sciogliere il lievito nel latte precedentemente intiepidito. Unire tutti gli ingredienti e impastare energicamente per 5-10 minuti: l'impressione dovrebbe essere quella di star "schiaffeggiando" l'impasto. Smettere di impastare una volta ottenuto un impasto soffice ma non eccessivamente morbido. Lasciar lievitare in un luogo caldo fino al raddoppio.
Quando il volume dell'impasto sarà raddoppiato, cominciare a formare delle ciambelle e disporle su un piano infarinato. Nel frattempo, mettere a scaldare l'olio. Quando sarà arrivato a temperatura, friggere poche zeppole alla volta per 3-4 minuti, finchè saranno dorate.
Ancora calde, passarle nello zucchero fino a ricoprirle. In alternativa, si possono ricoprire le zeppole con un mix di zucchero e cannella, che fa anche più Natale.

P.s. Non tutte le ciambelle riescono col buco, dice un proverbio. Ebbene, le mie zeppole il buco ce l'hanno, ma purtroppo non sono riuscite alla perfezione. Non avevo la bilancia, e l'impasto alla fine è risultato morbidissimo e ha assorbito un po' troppo olio. In cucina, e soprattutto in pasticceria, a volte va così. Ma non lasciatevi scoraggiare dal mio parziale fallimento :)
Se seguite alla lettera le dosi che vi ho dato, il risultato sarà perfetto.



lunedì 15 dicembre 2014

Olive Kitteridge - Elisabeth Strout

Ma quanti treni prendo negli ultimi tempi?
Sto scrivendo questo post in treno, e lo sto scrivendo su un libro letto da cima a fondo in treno, uno diverso da quello su cui mi trovo adesso, of course. Se calcolassi le ore che nelle ultime settimane ho trascorso sulle rotaie otterrei...
Onde evitare di trasformarmi nel conte del Gattopardo, che sul letto di morte contava le ore che nella sua vita aveva "sprecato" dormendo, sorvolo e passo oltre.
Anche perchè in questo post non volevo parlare di treni, ma di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria che si è tenuta a Roma tra il 4 e l'8 Dicembre scorsi. Sono arrivata alla fiera di prima mattina, dopo una serata fuori finita alla quattro, con gli occhi gonfi di sonno. Il tempo di fare il biglietto, e gli occhi erano spalancati dalla gioia e dallo stupore.
Ho camminato entusiasticamente tra gli stand, osservando e aprendo i libri, parlando con gli editori e scambiando opinioni con altri lettori. Ho anche comprato, ovviamente, e troppo. Ma va bene così, ho raccolto materiale per il blog. Adesso che ho anche una scusa per i miei acquisti compulsivi è la fine!

Stand della Fazi Editore. Una delle responsabili intercetta il mio sguardo che si posa curioso su uno dei volumi in bella mostra sul banco e inizia a parlarmene. Tempo cinque minuti, e mi ritrovo con il portafogli più leggero e la borsa più pesante.
Il libro è Olive Kitteridge di Elisabeth Strout, caso letterario degli ultimi tempi. Già solo a leggere la quarta di copertina si ha la certezza di non aver sbagliato. Una lista di encomi firmati Giordano, Baricco, New York Timese chi più ne ha più ne metta. Detto per inciso, se c'è una critica della quale mi fido quasi ciecamente è quella del New York Times.
In più, dal libro è stata tratta un'omonima serie televisiva prodotta dalla HBO e che in Italia andrà in onda su Sky a partire da Febbraio.


E adesso la parte più difficile. Si è capito che il libro è piaciuto a molti, se non a tutti. Ma io cosa ne penso? La prima parola che mi viene in mente è "interessante", che immagino sia l'aggettivo più usato quando non si ha niente da dire. In questo caso, però, credo che sia il termine appropriato per descrivere lo stile e la struttura di Olive Kitteridge.
Ancor più che un romanzo, Olive Kitteridge è una raccolta di istantanee della protagonista, il cui ritratto è delineato in una serie di capitoli che costituiscono dei brevi racconti indipendenti. In modo del tutto originale, non è quasi mai la protagonista a parlare di se stessa, ma il lettore riesce a ricostruire i momenti chiave della sua vita attraverso le parole degli altri personaggi del romanzo, a loro volta protagonisti dei singoli capitoli.
Così Olive, insegnante di matematica in una piccola cittadina del Maine, è a volte la voce narrante, altre volte una figura chiave e altre ancora poco più che una comparsa. E forse dopo tutto questo si capisce perchè io abbia usato l'aggettivo "interessante" :)
La trama in sè, invece, è assolutamente irrilevante, nel senso specifico che potrebbe essere diversissima e il romanzo non perderebbe nulla del suo fascino.
Se non siete fan delle raccolte di racconti, Olive Kitteridge potrebbe essere il modo giusto di approcciarsi al genere. E se invece siete già degli amanti delle storie brevi... Perchè non siete già in libreria?

venerdì 12 dicembre 2014

Cheesecake al Lemon Curd e frutti di bosco

Avere un blog è quasi un lavoro. E che lo dica io, che lo aggiorno "solo" due volte a settimana, può far un po' sorridere. Di certo c'è soltanto che quando l'ho iniziato qualche tempo fa ero convinta che non avrei avuto problemi a realizzare una ricetta a settimana. Non ero comunque abituata a sfornare un dolce o a lanciarmi in qualche ardita preparazione almeno una volta ogni sette giorni? E non ero forse io che avevo accumulato ogni strumento e libro di cucina che la mente umana abbia finora concepito?
Tutto giusto, quello che non avevo previsto è che i giorni potessero improvvisamente accorciarsi, gli impegni moltiplicarsi, gli strumenti e i libri da cucina finire nelle scatole di un trasloco e, udite udite, che avrei abbandonato la mia amata cucina per una nuova e... senza forno!
Ripeto, senza forno. E siamo quasi a Natale. Addio progetti di sfornare teglie su teglie di biscotti in attesa del tradizionale tè della vigilia!
Qualcosa però dovevo pur fare. Ed ecco l'illuminazione: vagando per gli scaffali del supermercato mi imbatto in un bellissimo barattolo di lemon curd, una delizia di cui leggo da tempo sui blog altrui, ma che non avevo mai provato. Appena l'ho visto mi è venuta in mente una fantastica ricetta (letta su questo blog, fonte costante e inesauribile di ispirazione), che avevo segnato tra quelle da fare e che, neanche a farlo apposta, non prevede nessuna cottura!
Quindi eccomi qui, con una ricetta estiva giusto nel momento in cui i gradi iniziano a scendere in picchiata!
A giudicare da quanto in fretta è stata spazzolata, comunque, direi che l'esperimento è può dichiararsi riuscito! ;)

CHEESECAKE AL LEMON CURD E FRUTTI DI BOSCO
(in origine "NO-FUSS FRUIT TART)


Ingredienti (per una teglia da 24-25 cm)

Per la base
375 gr di biscotti tipo Digestive (io ho usato i Grancereale classici, che vanno benissimo)
100 gr di burro (ho aumentato un po' la dose originale perchè la base non stava insieme)

Per la crema
400 gr Philadelphia a temperatura ambiente (rigorosamente non light)
240 gr di lemon curd a temperatura ambiente (io ho usato quello comprato)
Frutta a piacere per la copertura (io ho usato mirtilli e lamponi)

Procedimenti
Mettere i biscotti nel robot da cucina insieme al butto morbido. "Frullare" fino ad ottenere un composto sbriciolato. Pressare il composto sulla base e sui lati della teglia (io ho fatto tre monoporzioni) cercando di ottenere uno strato uniforme. Mettere in freezer per non meno di 30 minuti.
Per la crema, con le fruste battere il philadelphia con il lemon curd finchè il composto non sarà liscio e setoso. Estrarre la base dal freezer, versarvi tutta la crema e, prima di servire, decorare con la frutta. 



lunedì 8 dicembre 2014

Barbablù - Amélie Nothomb

Ogni libro ha il suo momento, nella vita di una persona. Alcuni libri hanno più di un momento, ma quelli sono un'altra storia.
Dopo aver passato diverse settimane a lagnarmi perchè "non avevo nulla da fare" e anche perchè "mi sento inutile", gli impegni e i compiti da portare a termine, le decisioni e i treni da prendere mi sono piovuti addosso tutti insieme. Ben mi sta, penserete voi. Sono d'accordo, mi sta decisamente bene. Quello che non mi sta bene, però, è che, per forza di cose, ho meno tempo da dedicare alla lettura. Però c'è l'appuntamento del lunedì, e a questo appuntamento non posso assolutamente mancare. Lo ammetto, per ovviare al problema ho provato a imbrogliare: a metà settimana, oberata dagli impegni, ho arraffato dallo scaffale di un amico il libro più corto della sua collezione. Poi però ho iniziato a leggere, ed è iniziata la magia. Non solo ho finito il libro in questione in un giorno, ma mi sono introdotta di nascosto nella camera del sopracitato amico per rubarne un altro della stessa autrice, e ho divorato anche quello! Le pagine capaci di scatenare cotanta estasi sono quelle di due brevi romanzi della scrittrice belga Amélie Nothomb, Barbablù e il viaggio d'inverno.


La Nothomb è di origine belga ma è nata in Giappone, dove il padre all'epoca faceva il diplomatico. Ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza in giro per il mondo, seguendo i genitori nei loro spostamenti lavorativi. Ha pubblicato una serie di romanzi di successo a partire dal 1992, e in effetti avevo sentito parlare bene di lei già qualche anno fa, ma la mia idiosincrasia per il francese di cui parlavo qualche post fa mi aveva sempre trattenuta dall'iniziare la lettura.
Sottolineo le ultime parole, iniziare la lettura, perchè proprio di questo si tratta. Le parole della Nothomb prendono da subito, sono uno di quei casi felici in cui sin dalla prima pagina sai che arriverai in fondo al romanzo senza avere problemi di concentrazione, e che non ci sarà momento di pausa dalle altre attività che non vorrai dedicare alla lettura.
Nello specifico, la vicenda di Barbablù (anche se ho letto due libri, parlerò solo di questo) è liberamente ispirata alla nota fiaba di Perrault. Ho una certa difficoltà a chiamare "fiaba" quella di Barbablù perchè ricordo di averla letta da bambina con un certo sgomento. Se l'intento pedagogico era quello di scoraggiare l'eccessiva curiosità, direi che è tutt'altro che riuscito! A me Barbablù metteva soltanto l'ansia!
La variante moderna della Nothomb è ambientata a Parigi, dove un ricco nobiluomo spagnolo offre una camera dotata di tutti i comfort a soli 500 euro al mese (e avendo provato i reali "comfort" del centro di Parigi, trovo l'espediente narrativo perfettamente riuscito!). C'è un'unica controindicazione: tutte le precedenti coinquiline del nobiluomo sono sparite nel nulla. Saturnine, giovane donna intelligente e all'inizio della carriera accademica, accetta di vivere lì, apparentemente incurante del pericolo. Come al solito, non dico altro sulla trama. L'aspetto che ho trovato più interessante, al di là delle varianti apportate alla fiaba originali, è il fatto che il romanzo sia in tutto e per tutto improbabile, e in un certo qual modo consapevole della propria improbabilità. È come se dicesse: "Ebbene sì, è insensato e inverosimile. Tanto vale spingere insensatezza e inverosimiglianza all'estremo."
Sono proprio questi estremi a rendere i dialoghi acuti e al tempo stesso esilaranti e a produrre un ritmo narrativo agile e mai noioso. Barbablù è un libro che si legge tutto d'un fiato, e si finisce con lo spirito giusto tempo per aprirne un altro (approposito, Il viaggio d'inverno ha uno degli attacchi più belli che io abbia mai letto)! Sì, perchè anche se non devo dire niente sul finale, posso promettere che è molto meno inquietante dell'originale :)

Buon Albero a tutti,
Rachele

venerdì 5 dicembre 2014

Omini di Pan di Zenzero (Gingerbread)

Potrei iniziare questo post in così tanti modi che sono nella confusione più totale. Credo che finirò per produrre una sorta di flusso di coscienza, operazione stilistica che rispecchia fedelmente la mia vita negli ultimi giorni. Un flusso continuo, senza virgole, senza punti di riferimento.
Chi mi conosce sa che ho una particolare passione per il Natale, per la sensazione di festante attesa del giorno della vigilia, la sorpresa dei regali, per tutti gli oggettini più inutili che la mente umana abbia potuto concepire. A dispetto delle mie origini, sin da piccola sognavo un Natale come quello dei film inglesi e americani, con la neve, le case illuminate e quei fantastici biscotti a forma di omino che non avevo mai assaggiato ma sembravano buonissimi. Alla prima occasione, durante un viaggio in un paese anglosassone, ho dato il mio primo morso a un omino di pan di zenzero... Ed è stata la fine! Sono diventata una fan accanita, una consumatrice seriale persino della versione liquida, il Gingerbread Latte che Starbucks vende nel periodo di Natale.

Ma bisognava correre ai ripari, dove trovare i miei amati Gingerbread in Italia? Semplice, me li faccio! Non così semplice in realtà, perchè la ricerca della ricetta perfetta si è rivelata più complessa del previsto. I biscotti erano buoni, sì, ma avevo sempre l'impressione che mancasse loro qualcosa. E poi, all'improvviso...
L'anno scorso, qualche giorno prima di Natale, entro in un negozio di prodotti per pasticceria per comprare la classica formina a forma di omino. Alla cassa la commessa mi chiede: "Le serve anche lo zenzero e la ricetta?".Rispondo di sì senza nemmeno pensarci, ed esco tenendo tra le mani quella che è diventata una delle ricette più preziose in mio possesso, perchè è assolutamente perfetta!
Fidatevi di me, un solo morso e crederete di essere planati in una scena di un film di Natale :)

E poi, visto che siamo vicini all'Immacolata, preparate una tazza di tè o di cioccolata calda e tuffateci dentro i vostri omini. E la giornata sarà più dolce :)

OMINI DI PAN DI ZENZERO
Ingredienti
350 gr di farina
150 gr di zucchero di canna (io ho usato il Muscovado, che li rende ancora più buoni)
1 pizzico di sale
1 cucchiaino di bicarbonato
2 cucchiaini di zenzero macinato
1 cucchiaino di cannella macinata
1/2 cucchiaino di noce moscata macinata
1/2 cucchiaino chiodi di garofano macinati
3 cucchiai di miele
115 gr di burro morbido
1 uovo grande

Procedimento
Mescolare in una ciotola tutti gli ingredienti secchi, ad esclusione dello zucchero. Porre sul fuoco lo zucchero, il miele e ilburro e mescolare fino a quando il composto non si è amalgamato. Posizionare la farina a cupoletta e rompere un uovo al centro della stessa. Versare il composto liquido, una volta tiepido, sull'uovo e mescolare insieme alla farina. Lavorare il composto fino ad ottenere un impasto omogeneo. Formare un panetto e riporre in frigo per 24 ore prima dell'uso. Stendere la pasta e tagliarla secondo la forma desiderata su un fglio di carta forno inumidito con acqua. Infornare i biscotti così ottenuti aduna temperatura di 160° per 15 minuti, facendo attenzione alla cottura. Completare i biscotti con la decorazione desiderata.

Piccola parentesi sulla "decorazione desiderata" :) Io faccio veramente schifo a decorare, e non avevo nessuna voglia di mettermi a preparare la glassa! Quindi sono corsa ai ripari: ho sciolto del cioccolato bianco al microonde e ho disegnato gli occhi, la bocca e i "bottoni" degli omini utilizzando uno stuzzicadenti. A me sembrano carini lo stesso ;)


lunedì 1 dicembre 2014

Diario di scuola - Daniel Pennac

Sono nata in una famiglia di insegnanti. Mia nonna maestra elementare, mia zia insegnante alle scuole medie e mia madre professoressa alle superiori. All'ora di pranzo, la proverbiale domanda "com'è andata a scuola?" non veniva rivolta soltanto ai figli, ma si trasformava in un vivace dibattito cui tutti contribuivano con le proprie esperienze. Dovete immaginare una scena simile: mentre io raccontavo di un compito in classe, mia zia parlava della difficoltà di valutarli, mia madre raccontava di quell'alunno così bravo e di quell'altro che non sapeva come prendere, mio fratello ci riferiva l'ultima trovata del prof. che piaceva tanto a tutti... E mia nonna, voce fuori campo, che a volte contribuiva con un episodio dei tempi in cui, ormai taaaaaanti anni fa, insegnava alle scuole elementari! Adesso immaginate questa scena ripetersi per anni, praticamente tutti i giorni...

Perchè questa premessa? Perchè farvi fare l'esercizio mentale di immaginare le discussioni familiari intorno alla tavola da pranzo? Semplice, per introdurre il libro del giorno, Diario di scuola di Daniel Pennac. Piccola ulteriore premessa/parentesi/spassionato consiglio: se ne avete la possibilità, leggete Diario di un corpo, sempre di Pennac, che solo adesso mi rendo conto avere un titolo molto simile al libro di cui parlerò oggi. Comunque! Ho letto Diario di un corpo quest'estate, quindi non potrei parlarne sul blog, ma lo faccio lo stesso imploradovi di leggerlo: un'idea straordinaria e una narrazione acuta e delicata. Non dico altro, ma compratelo :)
E adesso veniamo all'altro Diario, quello che siede sulla mia scrivania. Sento dire spesso che Pennac è un autore che si ama o si odia. Dopo aver letto Diario di un corpo quest'estate, ero convinta di far parte della metà del mondo che lo ama. Dopo Diario di scuola mi chiedo se la lettura estiva costituisca una felice eccezione o se non sia invece questa raccolta di pensieri/saggio/autobiografia a essere una particolarità infelice. Provo a spiegarmi. Il libro di Pennac sulla scuola si legge velocemente, ma mi sembra che questa scrittura così agile sia messa al servizio di idee tutto sommato banali. E qui si spiega la mia premessa. Non sarà forse che io le trovo banali perchè per anni ho affrontato gli stessi argomenti in famiglia? Poi però mi chiedo: a chi è rivolto questo testo? Ai lettori attirati dalla pagella riportata in copertina e incuriositi dal passato da "somaro" dell'autore? Forse, e ammetto che la parte in cui Pennac ripercorre i suoi insuccessi scolastici è quella che ho trovato più divertente e interessante. Per il resto, Diario di scuola mi sembra banale se rivolto agli insegnanti e troppo complesso se rivolto agli studenti.
Credo che il suo merito sia quello di sollevare la problematica della scuola in una forma in grado di raggiungere il grande pubblico. E non c'è dubbio che la riflessione in questo senso vada incoraggiata. Ci saranno forse lettori che grazie a queste pagine avranno riflettuto a fondo per la prima volta sul ruolo della scuola, e su quanto sia fondamentale non andare esclusivamente in cerca di studenti "modello" lasciando indietro i "somari". Se così fosse, Pennac avrà raggiunto il suo scopo.
Per quanto mi riguarda, nonostante stia essendo molto critica nei confronti del libro, sono abbastanza d'accordo con le opinioni di Pennac sulla scuola. Leggendo queste pagine mi sono resa conto di doverle molto, quindi vorrei che questo post fosse anche un ringraziamento :)