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lunedì 12 gennaio 2015

Il peso - Liz Moore


A volte mi prendono i momenti di astrazione. Non per niente sono una filosofa. E allora vengo assalita dal bisogno di distinguere, dividere, classificare. Bianco o nero, buono o cattivo, giusto o sbagliato.
Ma sono una filosofa atipica, e la mia mania classificatoria ha un bersaglio preferito: i libri. Strano, vero? Perché ovviamente so che le visioni manichee del tipo bianco/nero hanno poco a che vedere con la realtà, ma quando leggo a volte non posso fare a meno di formarmi un giudizio ben preciso. E a volte, forse colpevolmente, con molte poche sfumature.

Questa fumosa introduzione parte da un pensiero avuto mentre leggevo il libro della settimana, Il peso di Liz Moore. Oltre trecento pagine scorrevoli e ben scritte, niente da dire, ma... C'è un ma! Proprio così, perché mentre sfogliavo una pagina dopo l'altra, quasi incapace di fermarmi, ho avuto la chiara impressione che la ragione per cui non riuscivo a smettere di leggere era soltanto una: volevo sapere come andasse a finire. Ed è stato in quel momento che ho partorito la mia massima. “Ci sono libri che ci appassionano perché è bello leggerli, e altri che ci appassionano perché ci interessa sapere come finisce la storia.” Non una grande scoperta, a rileggerla adesso.
Eppure è il mio modo di spiegarmi l'attaccamento quasi morboso (l'ho finito in 2 giorni) per un libro che non mi convinceva e ha continuato a non convincermi fino alla fine. Il che, tra l'altro, apriva un'altra questione importante. Come parlare, qui sul blog, di un libro poco convincente?
Non che finora non abbia mai espresso le mie perplessità, ma in questo caso si tratta addirittura di un libro che non consiglierei. E in più, (orrore, massimo orrore!) di un testo edito dalla mia casa editrice preferita, quella stesse Neri Pozza che qualche post fa indicavo come porto sicuro dove approdare nei casi in cui non si sa bene cosa leggere.
Dunque, per dirla come Joe Bastianich, DILUSIONE.
Mentre mi immergevo nelle vicende del libro, una specie di dialogo a distanza tra i due protagonisti, diversissimi per età e stili di vita ma legati dal destino, la forza che mi spingeva ad andare avanti era solo ed unicamente la curiosità. Di sapere come sarebbe andata a finire. Di scoprire dove l'autrice sarebbe andata a parare.
Con mio grande piacere, ho scoperto che non si va a parare da nessuna parte. Già temevo di dover leggere un finale zuccheroso e scontatissimo degno di un film di Natale. Non è così. E in effetti il fatto che il libro si chiuda proprio in quel modo gli fa senz'altro guadagnare dei punti.
Mi sto rileggendo, e non vorrei rischiare di suonare come un'odiosa dispensatrice di giudizi definitivi. Ovviamente le opinioni personali sono ben lontane dall'essere giudizi insindacabili. E d'altronde finora non ho detto nulla che indichi chiaramente perché questo libro mi abbia convinta così poco. Provo a pensarci, e la prima cosa che mi viene in mente sono i personaggi. Penso che sia estremamente difficile per un'autrice immedesimarsi nei personaggi di sesso maschile, e viceversa per un autore immedesimarsi in quelli di sesso femminile. Si rischia di ottenere un risultato poco credibile, e se entrambi i protagonisti del libro sono uomini poco credibili la frittata è fatta.
Mi fermo qui perché, leggendo la quarta di copertina, mi rendo conto che figuro in splendida solitudine tra i detrattori del libro, che a quanto pare “ha ottenuto uno straordinario successo di pubblico e di critica negli Stati Uniti e in Inghilterra.”
Non mi resta che darvi appuntamento alla settimana prossima. E, avendo già cominciato a leggere, credo che la recensione sarà ben diversa :)

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