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martedì 6 gennaio 2015

Opinioni di un clown - Heinrich Böll


Epifania. Fine delle feste e ritorno alla routine. Nel mio caso, strano ma vero, il ritorno alla routine coincide con la ripresa delle letture.
Se le vacanze di Natale sono trascorse tra febbre, raffreddore e tantissima pigrizia, appena salita sul treno per Pisa ho aperto il libro che avevo con me, e due giorni dopo l'avevo già finito.
Una settimana fa, mentre maledicevo Sky che con la sua offerta illimitata di film per tutte le condizioni psicofisiche aveva fagocitato tutta la mia attenzione, ho addirittura temuto di aver perso la mia sconfinata passione. Ma no, direi che era un falso allarme: per adesso si può stare tranquilli :)

Il libro di oggi è Opinioni di un clown, del tedesco premio Nobel per la letteratura Heinrich Böll. Scelta, tanto per cambiare, del tutto casuale: era l'unico libro presente in casa che non avessi già letto e che abbia suscitato la mia curiosità. A pensarci bene, avevo già iniziato a leggerlo una volta qualche tempo fa, ma lo avevo abbandonato. Quando mio fratello mi ha vista con il libro in mano ha commentato, lapidario: “Stai leggendo quello? Fa schifo.”
Non gli sto facendo una bella pubblicità, vero? Ma il motivo per cui sto dicendo tutto questo è che mi piacerebbe partire da queste reazioni per spiegare che sono giustificabili alla luce della particolare struttura del romanzo. E con questo non voglio dire che Opinioni di un clown sia noioso o “faccia schifo”. Tutt'altro. Solo che dopo averlo letto capisco meglio le reazioni di cui sopra. Ma adesso entro nel merito, altrimenti non si capisce più niente!

La prima cosa che ho pensato leggendo il titolo è stata: “Come si scrive un romanzo di opinioni?” Perché è facile immaginare che sulle opinioni si possa costruire un saggio, un articolo, un discorso. Ma per un romanzo, in cui l'azione svolge un ruolo fondamentale, l'operazione mi sembrava estremamente rischiosa.
Il titolo dunque suggerisce già che l'azione non sarà la protagonista del romanzo, e in effetti in duecentocinquanta pagine succede davvero poco. Contemporaneamente, però, si ha la sensazione di assistere ad una serie infinita di episodi. Com'è possibile? Sono le opinioni, i ricordi, a fare il romanzo. Bisogna distinguere due piani: quello del “presente”, che sarebbe quindi quello dell'azione, e quello del “passato”, delle opinioni e dei ricordi.
Il presente, a prima vista, offre ben poco: il protagonista è un clown caduto in disgrazia dopo aver perso l'amore della sua vita. Il giorno dopo un'esibizione disastrosa, rimane chiuso in casa con un ginocchio dolorante, telefonando ad amici e conoscenti in cerca di aiuto.
Ma c'è altro. Il presente è una dimensione ricca di dettagli, ognuno dei quali offre un appiglio per viaggiare nel passato. Ad ogni gesto, a ogni luogo e ad ogni abitudine è legato un ricordo preciso, un'opinione costruita attraverso l'esperienza. L'abilità straordinaria di Böll è di saper legare alla perfezione i due piani, tanto che ogni volta che ci si perde nei ricordi del clown non si ha alcuna difficoltà nel tornare poi, quando l'autore lo decide, alla realtà, al presente. E proprio sul contrasto tra realtà e finzione si gioca un altro aspetto fondamentale del romanzo, ma non voglio stare qui ad annoiare tutti con la critica letteraria, quindi lascio perdere :)
Quello che voglio aggiungere è che c'è in effetti un elemento che potrebbe rendere difficoltosa la lettura, ed è il fatto che il romanzo è profondamente radicato nella cultura tedesca. Böll scrive nel secondo dopoguerra, nella fase in cui il senso di responsabilità e di colpa per i crimini di guerra giungevano al culmine. Sono dunque piuttosto numerosi i riferimenti alla situazione sociale, politica e culturale del tempo, il che per una tedescofila come me va benissimo, ma per qualcun altro può non essere così allettante!
A voi la scelta finale :) Se fossi in voi, un tentativo lo farei! Per me ne è valsa la pena.

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Ho appena scoperto il tuo blog e mi sono immediatamente dedicata alla lettura di questo post che hai scritto su un libro che mi ha lasciato una grande amarezza, pur non dispiacendomi. Hai ragione nel dire che molti aspetti sociali rendono difficile la piena comprensione del testo e possono risultare, anzi, pesanti (lo stesso mi era già accaduto con E non disse nemmeno una parola sempre di Böll. Di questo testo ho apprezzato soprattutto la scelta di fare del clown, la figura che per eccellenza si presta al gioco e al trucco, colui che smaschera i vizi e i controsensi della società. Un libro che, insomma, vale la pena conoscere. Buone letture e alla prossima! Cristina

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