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venerdì 27 febbraio 2015

Mercoledì delle ceneri - Ethan Hawke



Sì, avete letto bene. E no, non è un caso di omonimia.
 L'autore del libro del giorno è proprio l'Ethan Hawke attore di Hollywood. Per chi non lo ricordasse o non avesse idea di chi sia, ha interpretato il ruolo del padre nel recente (e molto bello) Boyhood nonchè, molto tempo fa, quello di uno degli allievi di Robin Williams nello spendido L'attimo fuggente.

Mi è sempre piaciuto Ethan Hawke come attore, impressione confermata di recente dopo averlo visto in Boyhood, ma non avevo assolutamente idea che scrivesse anche romanzi, quindi mi sono subito incuriosita.
Il mio primo pensiero dopo aver visto il libro, infatti, è stato di assicurarmi che fosse proprio lui. E così ho scoperto che Mercoledì delle ceneri non è il primo ma il secondo romanzo di Hawke, già autore di Amore giovane, dal quale è stato peraltro tratto un film da lui diretto.

Subito dopo, però, ho ceduto alla curiosità e ho fatto una cosa che non faccio mai: ho letto la quarta di copertina. Non che io abbia qualcosa contro le copertine: sarebbe una follia, visto che metà dei libri che compro senza saperne nulla vengono scelti sulla base dell'immagine in copertina (i poteri del marketing) e dei giudizi di autorevoli critici appositamente piazzati in bella vista.
Non è tutto questo che mi infastidisce. I libri sono un prodotto e in quanto tale deve essere venduto, utilizzando ogni strategia di marketing che si ritenga opportuna.

L'aspetto che scatena la mia ira funesta (esagerazione retorica, ci tengo a sottolineare), invece, è la presenza in quarta di copertina della sinossi della trama.
Mi rendo conto che si tratta di una posizione decisamente personale, ma prima di iniziare a leggere un libro io non voglio sapere "di cosa parla". Posso accettare un paio di accenni, utili a capire se il genere può interessarmi e se è il caso di procedere con l’acquisto, ma nulla di più.
La mia quarta di copertina ideale deve incuriosire ed interessare il lettore senza mai rivelare troppi dettagli.
Quando leggo, mi piace immergermi nella storia a poco a poco. Mi piace che sia l’autore ad accompagnarmi dove vuole, a mostrarmi i luoghi dove si svolgerà la vicenda e a presentarmi i protagonisti. Voglio entrare in quel mondo parallelo senza pregiudizi e senza aspettative.
Se poi la sinossi, come purtroppo succede per il libro di oggi, oltre a rivelare dettagli che preferirei scoprire da sola, lo fa anche in modo del tutto superficiale e fuorviante, l’effetto finale è ancora peggiore.

Mercoledì delle ceneri è un romanzo tutto incentrato sui suoi due protagonisti, Christy e Jimmy, che si alternano anche nel ruolo di voce narrante. Più si penetra nella loro mente, più si osservano le loro indecisioni, contraddizioni e il loro modo di agire e percepire l’altro, più ci si scopre incapaci di prendere una posizione, di preferire l’uno all’altra, e meno che mai in grado di descriverli attraverso uno stereotipo.
Paradossalmente, invece, è proprio con uno stereotipo che si apre l’ormai tristemente celebre sinossi: “Jimmy è un post-adolescente che si è arruolato nell’esercito per capriccio, e passa il tempo a strafarsi coi commilitoni; Christy è una giovane infermiera con la testa sulle spalle – fin troppo, vista la sua tendenza allo scetticismo e all’ipercritica.” 
Ora, può benissimo darsi che io sia priva di capacità di sintesi e astrazione, ma non mi sembra che queste due frasi rendano giustizia ai personaggi né alla capacità di Ethan Hawke di dipingerli nelle loro numerose e complesse sfumature. Quindi se iniziate questo libro azzerate tutto quello che avete appena letto, e lasciate che sia lo scrittore a presentarvi i suoi due protagonisti.
Perché forse non è poi un caso che i primi due capitoli si intitolino “Ecco a voi James Heartsock” e “Ecco a voi Christy Ann Walker”.
E il tentativo di semplificare le cose mi infastidisce ancor di più perché se c’è una cosa che questo romanzo mostra con grande forza e in modo estremamente vivido è proprio la profonda complessità di ogni essere umano, e di conseguenza di ogni relazione umana.
Il nostro io è così stratificato che ci è impossibile conoscere noi stessi, figurarsi gli altri. Siamo un puzzle composto di così tanti pezzi e con tanti pezzi mancanti che è impossibile amare completamente noi stessi, così come è impossibile amare completamente qualcun altro.
È possibile, però, ed è anzi necessario, trovare un ordine. È in quell’ordine stabilito che viviamo quotidianamente. Se viene meno, non possiamo far altro che costruirne uno nuovo.
Da secoli il Carnevale è la festa che celebra il sovvertimento dell’ordine stabilito. La festa che impazza intorno a Christy e Jimmy è la rappresentazione fisica del loro terremoto interiore, e il segno che di quel terremoto, di tanto in tanto, abbiamo bisogno tutti.
Durante il Carnevale non ci sono regole, tutto è concesso, l’ordine è sovvertito. Ci liberiamo dalla maschera che la necessità di trovare un ordine ci impone.
Ma ciò che siamo davvero è sotto la maschera o è la maschera stessa? O non sarà forse che siamo entrambe le cose?
Dopo un terremoto non si può far altro che ricostruire, ogni volta, con maggior consapevolezza.
E l’amore, per noi stessi come per gli altri, non è una scelta ma una continua conquista.

lunedì 23 febbraio 2015

Piadina con caprino, miele, nocciole e rucola

Cucina e libere interpretazioni. Metterle insieme è la chiave per il successo o la ricetta per un disastro?
Le scuole di pensiero sono diverse. Personalmente, oscillo tra la convinzione di dover seguire pedissequamente ogni ricetta e i tentativi di convincermi che "in fondo non può cambiare molto", quando non ho in casa tutto il necessario e pochissima voglia di uscire per comprarlo.
Sarà che non sono una professionista o che non ho abbastanza esperienza, ma non mi fido molto delle mie interpretazioni in cucina.
Eppure, essendo convinta che la verità sta pur sempre nel mezzo, a volte provo a fare delle variazioni minime, aggiungendo o modificando un ingrediente o creando nuovi abbinamenti. E a volte mi riesce bene, come nel caso della ricetta di oggi (nella quale infatti, tanto per restare in tema, non ho cambiato quasi niente!) :)
Ma a proposito dell'opportunità di effettuare libere interpretazioni ai fornelli, ricordo ancora con massimo divertimento un litigio avuto con mia nonna che tentava di impedirmi con le maniere forti di sfumare il risotto con il vino. Lei, sosteneva, non l'aveva mai fatto nè visto fare... :)
Insomma, va bene fidarsi delle "autorità", ma curiosità e pensiero critico non vanno mai abbandonate.

E dopo essere riuscita a pontificare anche in un post su una "non-ricetta", vengo al dunque.

Piadina con caprino, miele, nocciole e rucola
Libera interpretazione da Fast, fresh and easy food di Lorraine Pascale

Ingredienti
2 piadine
100 gr di caprino morbido
30 gr di nocciole
Miele
Rucola 
Sale, olio e aceto balsamico per condire



Preparazione (per modo di dire)
Tostare le nocciole in padella per qualche minuto e tritarle grossolanamente con un coltello. Condire la rucola con sale, olio e aceto balsamico.
Ungere una padella grande abbastanza da contenere la piadina con pochissimo olio e metterla a cuocere. Spalmare una metà della piadina con il caprino, aggiungere le nocciole tritate e qualche goccia di miele (per la quantità, regolarsi sul gusto personale).
Aggiungere la rucola, piegare a metà e servire ben calda.



venerdì 20 febbraio 2015

Verso la libertà - Arthur Schnitzler

Gli ultimi mesi sono stati intensi, a dir poco.
Un turbinio di decisioni da prendere, scatoloni da riempire e sfide da affrontare. Ci sono stati momenti di sconforto, alcuni dei quali prontamente registrati su questo blog, così giovane e già così pieno di vita e di ricordi.
Poi, però, è arrivato il giorno in cui tutto si è fatto chiaro, e i pezzi del puzzle sono andati magicamente ognuno al proprio posto.
Ed è proprio in momenti simili che non si può fare a meno di guardarsi indietro e chiedersi: "Ma come ho fatto a non capirlo subito? Come è possibile che io abbia dubitato?".

Ma tutto questo dubitare, tentennare, questionare, serve davvero? Certo, aiuta a non prendere decisioni avventate, eppure a volte penso che farei volentieri a meno di questo mio costante esercitare il dubbio e la critica su ogni aspetto della mia vita.
Proprio questo blog è stato testimone di numerosi arrovellamenti, uno dei quali diventa, oggi, particolarmente significativo.

I lettori più fedeli ricorderanno che qualche mese fa avevo recensito l'ultimo romanzo di Corrado Augias, Il lato oscuro del cuore. Il post si chiudeva con un arrovellamento degno del periodo in cui era stato composto: "E poi il finale. Non saprei dire se mi ha lasciato o meno l'amaro in bocca, forse perchè sono ancora in attesa del finale della mia, di storia. Comunque sia, nel leggere di Clara che, confrontatasi con la realtà, "è stata delusa da se stessa", non ho potuto fare a meno di sperare, per me, in un finale diverso. Non resta che aspettare."
Mi correggo: qui più che arrovellarmi stavo abbandonandomi alla deriva, lasciando che il destino facesse il suo corso. Scegliere è più difficile di lasciare che le cose accadano, e io non sono mai stata un'amante delle complicazioni.
Il destino, però, si è voluto divertire. Mi ha accompagnata per un po' perchè mi convincessi di averla fatta franca, ma in realtà non ha fatto altro che riportarmi di peso al bivio che credevo di essere riuscita ad evitare.
E a quel punto una decisione dovevo prenderla davvero, e alla svelta: lo studio o il lavoro, i libri o la vita?
Mentirei se non ammettessi che ho scelto d'istinto, quasi senza capire il perchè. Soltanto adesso mi risulta chiaro che c'è un errore nelle contrapposizioni appena nominate: per me i "libri" non sono mai stati diversi dalla "vita".
Perchè se c'è una cosa che, al di là di ogni pessimismo, dà forma e senso alle nostre attività e ai nostri gesti quotidiani, questa è la passione. Ed è proprio nella misura in cui costituiscono una così sfrenata passione che, per me, i libri sono la vita.
Non tutti i libri, ovviamente. Forse era questo che non avevo ancora ben capito. Un trattato di botanica non dà un senso alle mie giornate, così come la Critica della ragion pura, pur con tutte le sue intuizioni, non produce su di me neppure lontanamente l'estasi intellettuale scatenata anche solo da un'unica pagina dei Buddenbrook.
Forse in fondo con i miei studi filosofici non avevo sbagliato strada, ma solo preso una piccola deviazione ;)

E dopo questo non so fino a che punto comprensibile sproloquio, veniamo al libro del giorno, Verso la libertà di Arthur Schnitzler. Mi sembra anche il momento di spiegare il collegamento tra questo e il libro di Augias, e di conseguenza perchè è stato proprio questo libro ad ispirare lo sproloquio di cui sopra.
Il collegamento è piuttosto facile da spiegare: Schnitzler è, insieme a Freud, uno degli autori più citati nel romanzo di Augias. E già le citazioni lì presenti erano state più che sufficienti perchè restassi affascinata da questo scrittore. In più, qualche settimana prima avevo ricevuto in regalo Verso la libertà, accompagnato da entusiastiche recensioni. Insomma, non restava che mettersi a leggere.
Eppure, un sentimento simile al timore reverenziale mi bloccava. Solo nelle ultime settimane quel timore è stato sostituito da un desiderio incontenibile di leggere, sfogliare, conoscere, pensare, esplorare. E visto il tenore del post avrete forse capito che questo libro potrebbe avere (e sottolineo il condizionale, siamo ancora nella fase work in progress) un certo ruolo nei miei futuri studi.

Se qualcuno è riuscito a resistere fino a questo punto si starà chiedendo come io sia riuscita a trasformare una recensione in un post in cui spiattello, per giunta in modo criptico, una serie di fatti miei.
Mi arrischio a dire che Verso la libertà è, tra quelli recensiti finora, il libro che più di tutti giustifica il mio blaterare su me stessa. Perchè? Perchè Arthur Schnitzler scriveva negli anni in cui la psicanalisi freudiana giungeva alla sua sistematizzazione. Sorprendentemente, era in grado di trovare una forma drammatica o romanzata di ogni intuizione freudiana, e il tutto quasi in contemporanea con il padre della psicanalisi. Pare che Freud fosse così impressionato da questa affinità mentale (e ancor di più dal fatto che Schnitzler sembrava arrivare alle sue stesse conclusioni senza alcuno sforzo) da non aver mai voluto approfondire troppo la conoscenza con lo scrittore.
Come diversi romanzi del Novecento nati nell'epoca della nascita o del primo sviluppo della psicanalisi, anche Verso la libertà è, in un senso preciso, il romanzo di tutti.
Certo, è la storia di Georg e Anna, del loro amore e del loro triste destino. Ma trovo che la trama sia assolutamente irrilevante, perchè la protagonista indiscussa è la mente umana, nella sua complessità, nelle sue innumerevoli sfaccettature e lati oscuri.
Chiunque può ritrovarsi nelle parole dei numerosi personaggi, riconoscersi nei loro gesti e nelle loro inclinazioni, e infine riflettere su di sè.
Proprio questa è la forza di un romanzo prevalentemente dialogato, nel quale si incontrano tipi umani diversissimi e proprio per questo adatti a rappresentare ognuno di noi, nella sua straordinaria e unica complessità.



Mi perdonerete dunque per aver occupato tutto questo spazio, ma se, come ci ricorda questo romanzo, ognuno deve trovare la propria strada "verso la libertà", questo mi è sembrato il momento giusto per condividere la mia storia.
Trovata la strada, si tratta "solo" di percorrerla.
Buon viaggio a tutti, vi lascio con una splendida citazione.

"Non credo, in generale, che questi pellegrinaggi verso la libertà si possano fare in gruppo... perchè le strade che vi conducono non sono tracciate sul terreno, ma dentro di noi. Si tratta soltanto, per ciascuno di noi, di prendere la giusta via interiore.
Per questo è necessario, naturalmente, veder chiaro dentro di sé, far luce sui più intimi recessi del proprio animo. Bisogna avere il coraggio di essere se stessi. Non lasciarsi fuorviare."

lunedì 16 febbraio 2015

Un po' di novità!

Se ho imparato qualcosa negli ultimi mesi è che questo blog sembra avere vita propria. Sembra quasi che si modifichi e si evolva per conto suo, e che il mio contributo sia marginale.
Qualche giorno fa, ad esempio, mi è tornato in mente che nel primo post avevo scritto che, quando possibile, avrei cercato di abbinare le ricette al libro della settimana.
Credo di averlo fatto una sola volta, ma la cosa ancor più incredibile è che avevo completamente dimenticato questo proposito.
Sempre nello stesso post, mi ero ripromessa di testare le ricette dei miei numerossisimi libri di cucina. Promessa anche questa naufragata a causa di un improvviso trasloco che mi ha separata dai miei amati libri e da gran parte dei miei strumenti.
Tutto questo dovrebbe forse insegnarmi a fare meno progetti, invece oggi sono qui con due novità.
La prima è che ho intenzione di cambiare l'ordine di uscita dei post, spostando le "briciole" al lunedì e portando di conseguenza le "pagine" al venerdì. Ho pensato che possa essere più carino chiudere la settimana con un suggerimento di lettura, visto che nel weekend si ha più tempo e si è forse più propensi ad attività rilassanti. Iniziare la settimana con la ricetta, invece, lascia più tempo per permettere di realizzarla.
 Questa prima novità conduce direttamente alla seconda. Dovendo procedere a questo scambio, che inizierà proprio venerdì, avevo bisogno di un post "neutro" da pubblicare oggi.
Ho pensato quindi a una rubrica, che chiamerò proprio "Novità", e che si ispira ad una delle mie attività preferite nei giorni con pochi impegni (e anche in quelli in cui avrei molto altro da fare!).
C'è infatti una sorta di forza magnetica che mi attrae nelle librerie, incurante delle mie possibilità economiche.

La consapevolezza di non poter comprare non mi trattiene affatto dal vagare come ammaliata tra gli scaffali, registrando mentalmente tutte le ultime uscite. Ho pensato allora di trasferire qui il registro mentale frutto delle ultime incursioni in libreria.
Questa rubrica non ha affatto l'ambizione di essere un elenco esaustivo delle ultime uscite (anzi, alcuni dei libri che ho "segnato" sono usciti prima di Natale), ma si baserà (è inevitabile, ma almeno siete avvertiti) sui miei gusti e interessi.

Novità #1
La ballata di Adam Henry - Ian McEwan
A proposito di novità che non lo sono per davvero, nella seconda metà del 2014 è uscito in Italia, edito come sempre da Einaudi, l'ultimo romanzo di McEwan.
Seguo quest'autore da tempo, e ho letto (quasi) tutto fino a Solar (2010), al quale mi sono fermata. Non che mi sia persa molto, visto che tra Solar e quest'ultimo romanzo McEwan ha scritto soltanto un altro libro, intitolato Miele, eppure ho la strana sensazione di essermi persa molto. Sarà che Solar è stato una vera e propria delusione, se confrontato con l'esperienza sublime che è la lettura di Espiazione e con una scrittura che, anche se non sempre convincente, è sempre incredibilmente stimolante.
Quale migliore occasione di un nuovo romanzo, allora, per riconciliarmi (o riconciliarsi?) con questo autore?

Novità #2
Applausi a scena vuota - David Grossman 
Anche Grossman, per quanto mi riguarda, è un autore da alti e bassi. E che alti, sarebbe forse il caso di aggiungere! A un cerbiatto somiglia il mio amore è uno dei libri più belli e commoventi che abbia letto negli ultimi anni, mentre Qualcuno con cui correre, decisamente più "leggero", è un libro che consiglio sempre volentieri anche ai più giovani (va bene già per ragazzi di quindici o sedici anni).
Questo per quanto riguarda "gli alti". Quanto ai "bassi", invece, ammetto di non aver amato molto Che tu sia per me il coltello. E l'esperienza mi ha condizionata negativamente al punto che non ho più letto niente di Grossman. Davanti a questa nuova fatica mi domando se non sia ora di riconciliarmi anche con Grossman :)

Novità #3
Numero Zero - Umberto Eco
Eh, il caro Umberto. Quando voglio leggere qualcosa di scritto in un italiano perfetto prendo in mano un libro (o un saggio, o un articolo) di Eco. Potrei profondermi in infinite lodi sul magistrale utilizzo della virgola ma mi do un contegno, e passo avanti. Perchè se la scrittura è assolutamente perfetta forse qualche problemino nella costruzione delle trame c'è. Il cimitero di Praga, per esempio: a me è piaciuto ma ho sentito più di una persona lamentarsi di averlo trovato noioso. E d'altronde intrecciare una trama con eventi storici estremamente complessi può essere un'operazione poco agevole.
In Numero Zero, ad esempio, si dovrebbero trovare diversi riferimenti alla storia politica, giornalistica, giudiziaria e complottistica italiana, da Tangentopoli a Gladio, passando per la P2 e il terrorismo rosso.
Come sarà andata questa volta?

 Per oggi mi fermo qui (sono pochi, lo so, ma ho un po' di work in progress arretrato), qualcuno li ha letti e può darmi un consiglio?
A venerdì, con le "pagine" vere e proprie,
Rachele

venerdì 13 febbraio 2015

Le zeppole di Mamma...travestite per Carnevale!

Oggi è il 13 Febbraio.
Questo post avrebbe potuto (o forse dovuto) contenere cioccolatini, biscotti a forma di cuore, baci perugina, e chi più ne ha più ne metta.
Si dà il caso, però, che il mio "Valentino" non sia esattamente un amante del cioccolato, se non in rare e stressanti occasioni. Ah, e si dà anche il caso che quando leggerà queste righe sarà colto dall'irrefrenabile desiderio di strozzarmi ;)
Eppure, eppure... Dove non può la cioccolata, possono le zeppole di mia madre, ingollate a centinaia nei sonnacchiosi pomeriggi casalinghi, per la gioia estrema della genitrice che, fuori di sè per l'eccitazione di aver incontrato sulla sua strada un altro degno mangiatore, completava il disastro piazzandoci davanti il barattolone di Nutella...

Chiudo (davvero?) la parentesi romantica, anche perchè nel titolo si parla di Carnevale! Ebbene sì, perchè in questo periodo di chiacchiere (o cenci, o frappe, o come le chiamate voi...) e fritti vari io ho pensato di contribuire travestendo le zeppole di mia madre da frittelle. Tanto ormai Natale è passato da un pezzo, e si può tornare alla frittura ;)
Visto che comunque il romanticismo non mi manca, in accompagnamento ho deciso di preparare una crema al limone, ben sapendo che se quello con la cioccolata è un rapporto tormentato, quello con la crema è vero amore.

Mi vergogno un po' perchè non ci sono quasi ricette in questo post.
Ma concedetemelo. Si tratta di una dedica speciale, anche se un po' compassata.
Perchè sarò anche logorroica, ma le cose speciali, in fondo, mi piace tenerle per me.

Zeppole di Mamma (travestite da frittelle) con crema al limone

La ricetta perfetta delle zeppole la trovate qui.
Per ottenere l'effetto frittella non dovrete far altro che creare delle palline con l'impasto (non troppo grandi, perchè si gonfiano in cottura e poi diventano enormi!).

Per la crema, invece, ho preso la ricetta base da qui, ma, visto che ci piace tenerci leggeri, ho aggiunto anche un paio di cucchiaiate di Lemon Curd, per accentuare il sapore di limone. Missione compiuta! Il risultato è davvero ottimo.


lunedì 9 febbraio 2015

Il buio oltre la siepe - Harper Lee

Qualche giorno fa si è diffusa la notizia che Harper Lee, l'autrice del classico della letteratura americana Il buio oltre la siepe (traduzione, decisamente all'italiana, di To kill a Mockingbird), pubblicherà un nuovo romanzo, in uscita a Luglio. E fin qui la cosa può non interessare.
Il dettaglio che ha però attirato la mia attenzione è il fatto che, dopo Il buio oltre la siepe nel 1960, Harper Lee non avesse pubblicato altro. Più di cinquant'anni fa ha scritto un romanzo che è diventato uno dei classici indiscussi della letteratura americana, ha vinto il Pulitzer e un certo numero di altri importanti premi, e poi si è chiusa nel silenzio, almeno fino ad oggi. Visto quanto ero rimasta colpita dall'abitudine di Donna Tartt di prendersi dieci anni tra un romanzo e l'altro, non faticherete a credere che tra la lettura dei primi articoli sulla nuova opera di Harper Lee e una corsa in libreria sono trascorse soltanto poche ore.
Solo dopo,ad una lettura più attenta degli articoli di cui sopra, mi sono accorta dell'"errore". Il romanzo in uscita a Luglio, intitolato Go set a Watchman, non è propriamente "nuovo": si tratta infatti di un testo che l'autrice aveva già scritto nella metà degli anni Cinquanta, e che costituisce il sequel de Il buio oltre la siepe pur precedendone la stesura di qualche anno. Queste le parole con cui Harper Lee spiega la vicenda, prese da qui:
«Nella metà degli anni Cinquanta terminai un romanzo intitolato Go Set a Watchman. Raccontava del personaggio di Scout [la bambina protagonista di Il buio oltre la siepe], da adulta: mi sembrava un buon tentativo. Il mio editore, impressionato dai ricordi dell’infanzia di Scout, mi convinse a scriverne un romanzo (che poi diventò Il buio oltre la siepe) raccontato dal punto di vista di Scout. Avevo appena iniziato a fare la scrittrice, così feci come mi aveva detto. Non mi ero resa conto che il romanzo originale era sopravvissuto e sono stata davvero sorpresa e felice quando la mia cara amica e avvocato Tonja Carter l’ha ritrovato. Dopo molti dubbi ed esitazioni, l’ho condiviso con un po’ di persone di cui mi fidavo e sono stata contenta di sapere che lo consideravano degno di essere pubblicato. Provo un sentimento di umiltà e meraviglia se penso che verrà pubblicato adesso, dopo tutti questi anni»
La storia dunque è un po' diversa da come l'avevo immaginata,  ma trovo che abbia comunque il suo fascino. Ormai poi, dopo aver letto Il buio oltre la siepe, non vedo l'ora di scoprire cosa ne sarà stato di Scout! Ma per quello bisognerà aspettare Luglio, quindi meglio concentrarsi sul libro del giorno ;)

Mi sembra di aver già scritto (o forse l'ho solo pensato) che avrei preferito evitare di commentare i cosiddetti "classici" della letteratura su questo blog. Mi accorgo, però, che in un modo o nell'altro qualche classico è riuscito a farsi strada, e anzi forse ultimamente sono le "novità" a scarseggiare.
Il problema è che i classici ci pongono, come lettori, in una posizione scomoda: sono già stati letti, riletti, commentati, spiegati, intepretati. Siamo già, in un certo senso, istruiti su come leggerli e cosa pensarne. Ma oggi mi chiedo, è giusto?
Non voglio dire che spiegare, problematizzare, contestualizzare siano operazioni inutili, tutt'altro. Mi domando soltanto se questo continuo impulso a spiegare i classici non sia di impedimento ad uno degli effetti più straordinari della letteratura, quello per cui troviamo nelle parole altrui significati diversi a seconda delle nostre età esperienze ed inclinazioni.
Non sapendo quasi nulla de Il buio oltre la siepe, ho potuto leggerlo senza preconcetti e senza alcun impedimento. Così, in quella che la quarta di copertina descrive come una storia di razzismo del profondo Sud degli Stati Uniti, io mi sono innamorata dei personaggi. Di Scout, protagonista e voce narrante, con la sua ingenuità di bambina. Di Jem, il fratello maggiore, così intelligente e protettivo. E su tutti di Atticus, il papà avvocato, per il quale credo di non saper trovare gli aggettivi, ma che resta senza dubbio il mio personaggio preferito. 
Un libro da leggere prima di tutto per quello che è, e soltanto dopo per quello che rappresenta.
Buona settimana :)

venerdì 6 febbraio 2015

Pollo allo zafferano con insalata aromatica - da Jerusalem di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi

Una ricetta di Ottolenghi, di nuovo.
Ebbene sì, perchè ammetto che quella testata qualche settimana fa mi aveva lasciato un po' di amaro in bocca. Interessante scelta di parole la mia, perchè la verità è che la ricetta era un po' troppo dolce.
Forse potevo aspettarmelo, perchè per quanto adori la sinfonia di spezie che si sprigiona dai piatti mediorientali, per quanto le mie narici si risveglino estasiate ogni volta che sento odore di cannella, coriandolo, cardamomo e cumino, con i dolci proprio non ce la faccio. Con la dovuta eccezione concessa alle baklava, meglio se di pistacchi, delle quali ho fatto incetta in diverse occasioni, non ultima una festa organizzata dagli amici siriani di cui al post già ricordato, evento che ero costretta ad abbandonare piegata in due per il mal di stomaco, salvo poi, qualche ora dopo, fare fuori le ultime baklava gentilmente regalatemi... Ma non rivanghiamo!
Dunque, baklava a parte, il mio rapporto con i dolci mediorientali non è idilliaco, e anche il budino di Ottolenghi mi ha lasciata con la ben nota sensazione: "è buono, ma...."

Ma non si può possedere un libro straordinario come Jerusalem e fermarsi dopo aver realizzato un dolce, senza esplorare oltre. Soltanto sfogliare la sezione sulle verdure mi fa salire una voglia di friggere melanzane paragonabile a quella di mia nonna nelle mattine in cui decideva che si doveva fare la parmigiana (la metà delle volte la richiesta partiva da me, tanto per cambiare) :)
Quindi, avanti con il salato!
Nella ricetta di oggi non ci sono melanzane e non c'è niente di fritto, ma è un'ottima soluzione per una pausa pranzo leggera (è molto chic anche da portarsi al lavoro/università/biblioteca) o magari per un antipasto un po' diverso.

Pollo allo zafferano con insalata aromatica
da Jerusalem di Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi

Ingredienti (per sei)
1 arancia
50 gr di miele
1/2 cucchiaino di stimmi di zafferano (io ho usato una bustina, ma forse si può aumentare a due)
1 cucchiaio di aceto di vino bianco
300 ml circa di acqua
1 kg di petti di pollo senza la pelle
4 cucchiai di olio d'oliva
2 piccoli finocchi tagliati sottili
15 gr di foglie di coriandolo strappate a mano (non riesco mai a trovare il coriandolo, quindi ho usato il prezzemolo diminuendo un po' la quantità)
15 gr di foglie di basilico strappate a mano
15 gr di foglie di menta strappate a mano
2 cucchiai di succo di limone
1 peperoncino rosso tagliuzzato fine
1 spicchio d'aglio schiacciato
sale e pepe nero

Preriscaldate il forno a 180/200 gradi (Personalmente ho omesso questo passaggio perchè, come spiego dopo, non ho usato il forno. Ad ogni modo non mi sembra necessario ricordare di accendere il forno, quando la preparazione della pasta d'arancia che segue richiede più di un'ora).
Tagliate 1 cm della parte superiore e di quella inferiore dell'arancia e buttatele via, dopo di che tagliate il frutto in 12 spicchi, senza sbucciarlo. Togliete tutti i semi.
Mettete l'arancia in una piccola casseruola con il miele, lo zafferano, l'aceto e acqua a sufficienza per coprire le fette. Portate a ebollizione e sobbollite per un'ora circa. Alla fine dovreste rimanere con l'arancia ammorbidita e circa 3 cucchiai di sciroppo denso. Se il liquido si riduce troppo durante la cottura, aggiungete acqua. Frullate insieme l'arancia e lo sciroppo nel mixer per ottenere una pasta liscia e fluida. Aggiungete ancora un poco d'acqua, se necessario.

Passate i petti di pollo in metà dell'olio d'oliva, salateli e pepateli generosamente e su una piastra caldissima abbrustoliteli per circa 2 minuti sia da una parte che dall'altra, in modo che rechino chiari i segni della piastra. Trasferiteli in una teglia da arrosto e metteteli in forno per 15/20 minuti, o fino a cottura ultimata (vista la mia attuale triste condizione di blogger senza forno, ho dovuto omettere questo passaggio. Comunque credo di aver raggiunto un risultato non dissimile completando la cottura sulla piastra.).
Quando il pollo è abbastanza raffreddato per poter essere maneggiato (la pazienza non è mai stata il mio forte, come le mie povere dita hanno avuto modo di imparare a loro spese), ma è ancora tiepido, con le mani rompetelo in pezzi grossi e irregolari. Metteteli in una grossa terrina, versateci sopra metà della pasta d'arancia e rimestate bene. (Il rimanente della pasta potete tenerlo in frigorifero per qualche giorno: vi potrà essere molto utile come aggiunga a una salsa di erbe aromatiche e da servire con pesci grassi come il salmone e lo sgombro).
Aggiungete gli altri ingredienti, compreso l'olio d'oliva rimasto, all'insalata e mescolate piano.
Assaggiate, aggiustate di sale e pepe, e se necessario aggiungete un po' di olio e succo di limone.




Note
- La preparazione della pasta d'arancia è un momento paradisiaco. Si sprigiona un aroma di agrumi e zafferano in grado di profumare la casa per ore :) Non dovrete far altro che seguire alla lettera il procedimento e le dosi per ottenere un risultato perfettamente equilibrato.
Dal momento che nella pasta sarà utilizzata anche la buccia, meglio scegliere delle arance biologiche.
Dopo averla usata per questa ricetta, ho riproposto la pasta d'arancia con la carne di maiale (non male, ma decisamente meglio con il pollo), ma ha avuto un certo successo anche la mattina sulle fette biscottate! Buona, e anche molto versatile.
- La questione del pollo mi spinge a prendermi una libertà, non me ne vogliano gli autori, e chiedermi: è davvero necessaria la doppia cottura griglia/forno? Forse la cottura in forno scongiura il rischio di avere una carne troppo asciutta, ad ogni modo io non ho avuto nessun problema cuocendo il pollo unicamente sulla griglia.
- L'ultima nota è un plauso alla tradizione tutta mediorientale di creare insalate straordinarie, su tutte il tabbouleh, con quelle che per noi sono "solo" erbe aromatiche. In questo caso il basilico, la menta e il prezzemolo (ma immagino che con il coriandolo si raggiunga la perfezione) creano un equilibrio straordinario. Anche qui basta attenersi alle dosi per ottenere un'insalata estremamamente profumata, con in più l'interessante nota croccante data dal finocchio.

Ho assaggiato la prima forchettata di questa meraviglia ancora in piedi. Per lo stupore sono caduta a sedere e, ridendo tra me e me, ho continuato a mangiare con grande soddisfazione.
La ricetta quindi è senza dubbio

PROMOSSA

Con questa ricetta partecipo al Redone di Febbraio


lunedì 2 febbraio 2015

La novella degli scacchi - Stefan Zweig



Ah, i Tedeschi.
Un popolo complicato e affascinante. Sì, anche affascinante. A patto di non fermarsi allo stereotipo del calzino da trekking con i sandali. O, peggio ancora, arrestarsi al pregiudizio al quale gli orrori del nazismo sembrano averli condannati.
Perché in realtà sono secoli che i Tedeschi (ma sarebbe più esatto dire tutti i popoli di lingua tedesca) sono esploratori degli abissi. Abissi del pensiero, della psiche, della musica, della letteratura… e purtroppo anche della malvagità. Ammesso che quest’ultima non sia, in fondo, soltanto una banalità.
Mi accorgo solo adesso che lo scorso martedì è stato il giorno della memoria. Giuro che non avevo affatto programmato questo post come un commento all’evento, anche perché trovo che ci sia poco da commentare senza scadere nel banale e nel trito e ritrito. O forse, per essere più onesta, non c’è nulla che io possa dire senza suonare banale o estremamente pesante

Combinazione, però, il libro del giorno sembra parlare al posto mio, ed è certamente in grado di farlo meglio, con una lettura degli anni bui della storia tedesca decisamente interessante e poco convenzionale. Ma forse parlare di combinazione non è esatto. Fa pensare ad una circostanza fortuita, ad una casualità con scarse possibilità di ripetersi. A ripensarci, però, le probabilità di scegliere un libro scritto nel secondo dopoguerra da un autore di lingua tedesca che sia del tutto privo di riferimenti agli anni bui del nazionalsocialismo mi sembrano piuttosto basse. Se a questo si aggiunge che l’autore è un austriaco di origini ebraiche costretto alla fuga per sfuggire ai campi di sterminio, le probabilità si abbassano ulteriormente. Cerco di dare un taglio a queste riflessioni in stile “giorno della memoria”, soprattutto perché temo di dare l’idea sbagliata del libro, che invece merita di essere preso in considerazione senza timore di trovarsi davanti all’ennesima opera sull’olocausto (a dispetto di quanto detto finora non lo è, lo giuro!).

Ripartiamo da zero. Il libro del giorno è La novella degli scacchi di Stefan Zweig. Dell’autore si è parlato molto ultimamente perché il regista Wes Anderson ha dichiarato di essersi ispirato alle sue opere nella stesura della sceneggiatura di Grand Budapest Hotel (film molto, molto, molto carino e anche candidato all’oscar).  A parte questa celebrità “postuma”, Zweig è stato un autore decisamente prolifico e molto amato anche dai suoi contemporanei.
La novella degli scacchi è un racconto breve, che si legge tutto d’un fiato. Su una nave che collega New York a Buenos Aires sale il campione mondiale di scacchi. Alcuni passeggeri, incuriositi dalla sua presenza a bordo, lo invitano a giocare una partita contro di loro. Lo scontro sta per risolversi in una inevitabile umiliazione, quando l’intervento a sorpresa di un altro passeggero cambia le sorti del gioco e, aggiungerei io, del romanzo. Ebbene sì, perché se fino a quel momento l’attenzione del lettore era tutta concentrata sulla psicologia del campione, di punto in bianco l’interesse si sposta. Chi è l’uomo misterioso? Perché, anche se dichiara di non giocare a scacchi da decenni, le sue mosse sono state così strategiche da mettere in difficoltà il campione del mondo in carica?

È proprio la risposta a questi interrogativi che trasforma la breve novella in un piccolo capolavoro. In un lungo monologo il misterioso passeggero racconta la sua storia, un racconto che è al tempo stesso una riflessione sulla condizione umana, sulla straordinaria forza e l’estrema debolezza della nostra mente. Cosa succede alla nostra mente se si confronta troppo a lungo con il nulla? Fa più male il dolore fisico o la totale assenza di stimoli? Quanto profondo è il nostro bisogno dell’arte, della letteratura, della parola? E quanto, e con quale determinazione, sappiamo aggrapparci alla vita?
Una novella da incorniciare, e un libro da leggere, rileggere e rileggere.
A venerdì,
Rachele